IL SAGRATO FRA LA TRECCANI E VIA PALEOCAPA

Il termine sagrato, mi coinvolge e intriga. E la Treccani, sempre fra le più attente, oltre a spiegarmi nel dettaglio e a soccorrermi, mi spiazza con una citazione che supera il caso e sfiora il presagio. Anche se, in effetti, su un sagrato…

 

Dunque, cita la Treccani: “Le facciate delle chiese sono spesso precedute da un ripiano elevato per qualche gradino sul livello stradale. Questo ripiano detto sagrato ha la duplice funzione di creare una zona che potremmo dire di rispetto tra il luogo sacro e la pubblica strada”. E porta due esempi di sagrato letterario: “Stava addormentato nel soleun mendicantesul sagrato della chiesa (F. M. Martini); c’era una vecchia che pregava inginocchiata sul sagrato (I. Calvino)”.

Il sagrato della mia chiesa che è Sant’Andrea, da qualche tempo è una platea conviviale che il giorno raccoglie giovani forme di vita colorate, divertenti, significative, direi istruttive dei nostri tempi e della nostra città. Fossi un architetto o un urbanista, un amministratore pubblico copierei le scale che conducono al sagrato per clonarle, spostarle ovunque, per offrire alla mia gente (pubblico, clienti, cittadini) un esempio pratico e democratico di come incontrarsi, sedersi, parlarsi. Mi dicono che a Venezia, bazar di pietra, ci si possa sedere solo a pagamento e che gli spazi pubblici, siano diventati privati. Insomma che in questa vetrina di maschere e merletti l’incontro e la sosta abbiano un pedaggio mascherato riscosso da bar, ristoranti, negozi. E che presto, anche ufficialmente, sedersi in aree pubbliche come sagrati, scale, muretti, sarà vietato. La democrazia dei glutei, quindi sta per finire. Nella mia chiesa no. Ci si siede, si chiacchiera, ci si incontra, neanche si sbircia chi passa a fianco. Oggi era domenica, nella luce del tramonto un mendicante leggeva, seduto all’ingresso. Non si curava dei ragazzi che vociavano, né della gente che entrava per la messa, né dei rari passanti che scivolavano verso la darsena. Mi ha incuriosito che per partecipare alla funzione la gente arrivasse dal centro città, e che per salire utilizzasse la scalinata che si apre su via Paleocapa, mentre il centro storico che forse ha un credo diverso o è più pigro, disertasse l’appuntamento religioso. Così i ragazzi sulla scalinata di levante hanno potuto restare a lungo indisturbati. Seduto sul sagrato, solo lui, il mendicante con il libro. Non era addormentato, ma leggeva. Franco Maria Martini, oggi lo avrebbe raccontato in un altro modo. E chissà Calvino, che qui, su questi sagrati del centro, non si incontrano quasi mai donne. Come se la questua fosse una condanna che a loro viene risparmiata o che debbano scontarla in periferia. Questo mendicante, ogni volta che lo incontro, sempre su sagrati diversi, è chino su un libro. Ringrazia per l’offerta, ogni volta, ma distoglie lo sguardo dalle pagine per educazione, per poi subito rituffarsi a inseguire le righe. Questa sera ha letto sia mentre i ragazzi scherzavano più in basso sia per tutto il tempo dell’ufficio sacro. Ha alzato la testa dalle pagine, per un attimo, quando i fedeli sono scappati in fretta, fra uno sbattere di porte. Il suo dito inseguiva lo scorrere delle frasi e il voltare dei fogli. E già bussava il buio. Nella sua testa concentrata, visioni, emozioni, molte idee e pensieri. Ecco, forse si è riempito più il berretto calato sulla fronte che quello al suo fianco per le offerte, rimasto pressoché vuoto.

 

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